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Pfas, il reato ambientale diventa imprescrittibile

Data di pubblicazione

16 ott 2020


È stata aggiornata al 30 novembre l’udienza preliminare del processo “Pfas” che vede imputate 13 persone per disastro ambientale. Il gip Roberto Venditti ha aggiornato l’udienza dopo le eccezioni sollevate da alcuni imputati in merito alla richiesta, presentata dalla procura, di unire i due procedimenti inerenti all’inquinamento dell’azienda Miteni, quello per i reati fino al 2013 e quello per i reati ambientali (oltre a Pfas ci sono GenX e C6o4) dal 2013 al 2017 in cui sono imputate otto persone (sei delle quali già iscritte nel primo procedimento). Oltre 260 le costituzioni di parte civile, tra queste anche le 4 società idriche Acque del Chiampo, Acque Veronesi, Viacqua e acquevenete, che nel piano degli interventi hanno già investito 96 milioni di euro per restituire ai territori coinvolti acqua pulita.

Nel secondo procedimento la procura ha applicato le nuove norme sui delitti ambientali, che prevedono la sanzione accessoria del ripristino ambientale. Si tratta di un’intuizione di uno dei legali che tutelano gli interessi dei gestori (avvocato Marco Tonellotto) recepite dai recenti atti della procura che la scorsa estate ha chiuso il fascicolo riconoscendo ai presunti responsabili dell’inquinamento dal 2013 al 2017 il reato 452- bis del codice penale e ora condivise anche dalla Cassazione.

Di fatto si riconosce agli imputati la responsabilità della continuazione nel reato, che non si esaurisce nella sua fase iniziale, ma che si protrae nel tempo attraverso un’attività ininterrotta che in ogni momento riproduce la lesione del bene ambientale. In sostanza gli effetti che si sono sviluppati nell’inquinamento che si è esteso nel territorio sono essi stessi reato, non sono più solo “conseguenze”. La prosecuzione dell’inquinamento, che non si circoscrive solo ad una data cristallizzata nel tempo ma prosegue aggravando sempre più le condizioni delle acque, è un reato – ora chiaramente contestato appunto nell’inchiesta bis – che tendenzialmente non si prescrive mai.

Proseguono intanto a pieno regime i cantieri dei gestori idrici per sostituire le fonti di approvvigionamento e arrivare a fornire a tutti i territori interessati acqua completamente estranea all’inquinamento da Pfas (quella erogata oggi è acqua a zero Pfas grazie alla continua filtrazione con carboni attivi ma ancora proveniente dalle fonti contaminate).

acquevenete, dal 2013 e in previsione fino al 2021, ha investito risorse per 33 milioni di euro circa, di cui 25 milioni da fondi ministeriali a disposizione del commissario straordinario per l’emergenza, Nicola Dell’Acqua. Sono in corso i lavori per la nuova condotta Ponso-Montagnana-Pojana Maggiore, che comprende oltre 22 Km di nuove tubazioni da posare e un serbatoio di accumulo da 10.000 mc da realizzare a Montagnana. Obiettivo: portare acqua dalle fonti di Camazzole, per risolvere definitivamente l’emergenza Pfas per Montagnana e i Comuni vicentini dell’area berica.

Il conto complessivo per i quattro gestori idrici coinvolti è di circa 96 milioni di euro investiti per opere già realizzate dal 2013 e in via di realizzazione da qui al 2023.  Questi sono gli investimenti necessari a garantire la sicurezza dell’acqua potabile. Parte di queste somme sarà inclusa nella richiesta danni che sarà presentata agli imputati.

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